Summary: | Nel Seicento la Nunziatura di Venezia ha rappresentato per il papato non solo un osservatorio importante sulla vita politica e religiosa della Repubblica, ma anche un barometro sociale e culturale in una fase di importanti trasformazioni. Dismessi i panni dell’ambasciatore, a Venezia il nunzio indossava infatti quelli del giudice, presiedendo il tribunale del Sant’Uffizio, dove entrava spesso in contatto diretto con coloro che alimentavano quel coacervo di credenze superstiziose che mettevano in discussione il monopolio dell’ultraterreno che era chiamato a rappresentare e difendere.
I processi del Sant’Uffizio veneziano della prima metà del Seicento, in gran parte per magie e superstizioni, consentono oggi di osservare ed esaminare curiosi sincretismi, non solo attraverso gli interrogatori – fonti di informazioni notoriamente controverse – ma anche dall’esame diretto di testi che venivano sequestrati agli imputati e allegati ai dossier. Tra questi, si trovano sia libri noti e di più alto tenore, sia taccuini e libretti copiati a mano di provenienza ignota. Muovendosi dal più generale contesto veneto della prima metà del Seicento al particolare di alcuni casi, questo saggio guarda al coinvolgimento diretto e indiretto del clero nella diffusione delle superstizioni e dell’occulto a Venezia. Non solo ecclesiastici di basso rango, ma anche figure di rilievo come lo stesso nunzio Francesco Vitelli, uomo colto e dedito a interessi decisamente ambigui.
|