Parodies of Sonnet in Late XXth-century Italian Poetry

Questo articolo affronta la parodia formale e metrica del sonetto praticata dai maggiori autori italiani del secondo Novecento, che tuttavia solo in pochi casi può davvero dirsi tale, alla luce del moderno allentamento delle prescrizioni formali, cui la stessa parodia partecipa con la propria capaci...

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Main Author: Antonio Loreto
Format: Article
Language:English
Published: UNICApress 2017-01-01
Series:Between
Subjects:
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description Questo articolo affronta la parodia formale e metrica del sonetto praticata dai maggiori autori italiani del secondo Novecento, che tuttavia solo in pochi casi può davvero dirsi tale, alla luce del moderno allentamento delle prescrizioni formali, cui la stessa parodia partecipa con la propria capacità di promuovere uno «sviluppo dialettico delle forme» (Tynjanov). Modificato l’orizzonte delle attese estetiche, la «coscienza metrica media» (Fortini) si è ammorbidita rendendo via via accettabili e perfino normali numerose deroghe formali, tanto da suggerire di derubricare molti testi dalla voce “parodie”, e in fin dei conti di riconoscere un rovesciamento tale per cui, viceversa, i sonetti formalmente impeccabili scritti negli ultimi decenni producono «un effetto […] di parodia, di artificio, di falsetto» (Giovannetti), per quanto essi siano privi di carica evolutiva e rappresentino dunque parodie incomplete. A lato del rovesciamento, una simile carica sembra permanere in sperimentazioni radicali quali quella di Nanni Balestrini (Ipocalisse. 49 sonetti. Provenza, 1980-1983, 1986, 1986) e Marco Giovenale (Piccoli suoni, in Quasi tutti, 2010), il cui gioco parodico evoca forme come la frottola e il sonetto alla burchia. Questo dato, tuttavia, unito alle circostanze storico-politiche della stesura di Ipocalisse (l’esilio del suo autore, a seguito dell’“operazione 7 aprile”), che spingono a leggere il tutto nell’ottica del rapporto con l’autorità, fa della forma maggiormente codificata della tradizione poetica l’allegoria di un potere capace di espellere dal proprio dominio, se possibile per abbassamento, le forme che minacciano sovversione, e insomma di conservarsi perfettamente.
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