Summary: | Il problema dell’esistenza di un linguaggio mentale ha occupato le menti di molti loso dall’età classica no ai nostri giorni. Quando esprimiamo un concetto, per esempio “un uomo corre”, seppure lo traduciamo in una lingua di erente (e dunque lo esprimiamo con parole e fonemi di erenti), notiamo al tempo stesso che permane immutato il contenuto concettuale, ovvero il corrispettivo mentale delle parole che pronunciamo. In sintesi, uno stesso stato mentale complesso può essere espresso con parole di erenti. I fautori del linguaggio mentale postulano delle rappresentazioni mentali che siano di erenti dalle parole delle singole lin- gue e che siano, al contempo, dotate della possibilità di combinarsi tra loro in vario modo, così che agli stati mentali viene attribuito un ruolo semantico e una struttura composizionale, come quella delle lingue naturali. Particolarmente, si conosce oggi Jerry Fodor come il maggior sostenitore dell’esistenza di un linguaggio mentale. Tuttavia, c’è chi, come Claude Panaccio, sostiene che la nozione di language of thought che egli propone non sia così diversa da quella di oratio mentalis, proposta nel XIV secolo da Guglielmo d’Ockham.
Dopo una messa a fuoco del contesto storico che origina la nozione di oratio mentalis, ci concentreremo sul problema delle rappresentazioni mentali e della loro valenza cognitiva.
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