Summary: | Bianca Maria Visconti, duchessa di Milano, lasciò una enorme quantità di corrispondenza depositata negli archivi milanesi, sia di carattere privato, sia pubblico e politico. Il suo coinvolgimento negli affari di stato non si limitò ai brevi periodi di reggenza, e grazie a un manipolo di segretari esperti e fedeli, che erano una parte della sua vasta «domus», potè dialogare a distanza con molti interlocutori: membri della sua famiglia e parenti, cortigiani devoti, nobili amici, e con con tutti coloro che facevano parte del suo personale reticolo di protetti e fedeli: dame di corte, servitori, fornitori, ecclesiastici e anche persone umili che si affidavano alla sua protezione. In particolare, viene qui riconsiderata e riletta la corrispondenza degli ultimi mesi di vita con il figlio duca Galeazzo Maria Sforza: da queste lettere traspare la profondità degli affetti tanto quanto il duro scontro tra i due principi circa la conduzione degli affari di stato. Alcune osservazioni sono infine dedicate allo stile, agli schemi di scrittura, alle soluzioni letterarie: per esempio, l’uso dell’autografia come mezzo per stabilire un contatto più intimo con il corrispondente.
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